Caligola all'Olimpico e un momento storiko e, per me, un miracoio

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26.10.2012
Interview with Evgeny Mironov

Quando Eimuntas Nekrosius è entrato per la prima volta al Teatro Olimpico, ha rivolto uno dei suoi primi pensieri al "Caligola" di Albert Camus. La suggestione, la potenza e la forza scenica di questo spazio antico e prezioso conciliano infatti il clima, profondo, crudele e grandioso di una delle opere teatrali più significative del Novecento. Il punto di partenza è la storia di un imperatore che, dopo la morte della sorella-amante Drusilla, subisce un cambiamento radicale: il potere, prima esercitato saggiamente, diviene motivo di tirannie, assolutismi e violenze di ogni genere in un tentativo estremo di realizzare una libertà senza limiti. Camus ha indagato in profondità quest'uomo complesso e contraddittorio e la sua vita, proponendo una tragedia che con la regia di Nekrosius e lo straordinario talento dell'attore russo Evgeny Mironov tornerà in scena oggi e domani alle 21 al Teatro olimpico. “Caligola" è lo spettacolo conclusivo del 65° Ciclo di spettacoli classici diretto da Eimuntas Nekrosius. Lo spettacolo, una produzione del Teatro delle Nazioni di Mosca, viene recitato in russo con sopratitoli in italiano; dura 3 ore, compreso un intervallo di 20 minuti. I biglietti per le due serate sono già tutti esauriti. Il "Caligola" di Camus è andato in scena nel 1945, in un momento storico particolare, al punto che da molti intellettuali è stato individuato un legame tra Caligola e Hitler. Che senso ha metterlo in scena oggi? Esiste una dittatura a cui paragonarlo? Non ha nessun legame con la dittatura oggi. In Russia dopo la prima di "Caligola" molti critici sono rimasti delusi perché tutti si aspettavano un paragone con Putin. Si sono dimenticati che il regista è Nekrosius e che lui non si interessa all'oggi. Se mette in scena Cechov dialoga con Cechov, se mette in scena Camus dialoga con Camus. E così è successo in questo caso. Nel "Caligola" ci sono problemi molto più grandi. La dittatura non è quella del XX secolo, non ha nessun senso il paragone con Hitler perché il Caligola di Camus è un poeta. Un poeta che ha deciso di diventare un dittatore, ma senza riuscirci. E arriva lui stesso a sentirsi Dio.. Sì, assolutamente. Dio in terra. Si sente uguale a Dio e dice di voler diventare crudele come lui. Come si arriva a interpretare un personaggio così complesso e contraddittorio? Non lo so. Per me è una continuazione di Amleto. Sia nell' "Amleto" che nel "Caligola" la tragedia scatta da una scena quotidiana di morte: ad Amleto muore il padre, a Caligola la sorella. Da una scena normale, qui avviene un cambiamento radicale che apre uno sguardo totalmente diverso. Ho interpretato Amleto per il regista Peter Stein e se nell'Amleto il protagonista accetta il suo destino e si avvicina alla morte serenamente perché accetta che ci siano cose superiori all'uomo, Caligola, secondo la nostra interpretazione, è padrone del proprio destino fino alla fine. Non cerca di sfuggire al proprio destino e alla morte, anzi la ricerca. Anche Nekrosius sottolineava che Caligola deve rimanere fino alla fine padrone di sé e del proprio destino. Non permette al Dio di decidere per lui. Capisce di avere sbagliato, ma l'ultima parola deve essere sua. "Caligola" si inserisce all'interno del 65° ciclo di spettacoli classici dell'Olimpico. Cosa resta di classico in questa tragedia? Per me già Nekrosius è un classico. La concezione del teatro di Nekrosius è altissima e il suo linguaggio teatrale è una lingua a parte. Non è né teatro russo, né italiano, né lituano: ha un suo linguaggio lontano da tutto il resto. Nekrosius ha un rapporto profondo con i classici, li rispetta, coglie tutte le sfumature, cerca, riflette, rinuncia. In questo processo di ricerca e di dialogo con i classici, in questo rispetto per i classici, in questo senso Nekrosius è classico. Che cosa ha portato il Teatro Olimpico al "Caligola"? Per ora abbiamo solo provato, ma posso già dire che è un altro spettacolo. Mi è capitato un momento particolare della mia vita di artista in cui uno spazio, gli spettatori e quello che veniva rappresentato hanno creato una specie di miracolo. Qui è lo stesso. Durante la prima mezz'ora di prove mi disturbava il fatto che non si potesse toccare nulla, non ci si potesse muovere come in un teatro normale. Dopo venti minuti ho dimenticato tutto ciò perché, in quanto Caligola, ho immaginato che tutto fosse mio. Sono curioso di vedere che cosa succederà. Ma posso dire che per noi artisti sarà un momento storico.