EPIFANIA DELLA DITTATURA

Gianfranco Capitta
07.03.2011
micciacorta.it

VILLA ADRIANA: Il lituano Eimuntas Nekrosius torna in Italia con Caligola di Albert Camus

Un nuovo spettacolo di Eimuntas Nekrosius è sempre un richiamo irresistibile, in questo caso amplificato dalla relazione immaginifica che si poteva instaurare tra il protagonista del lavoro, il sanguinario e pazzarello imperatore Caligola, secondo la riscrittura celeberrima che lo scrittore francese Albert Camus, futuro Nobel, ne fece proprio a cavallo della seconda guerra mondiale, e il luogo della rappresentazione, la meravigliosa villa Adriana tra Roma e Tivoli (sede dell'omonimo festival estivo curato da Musica per Roma), sorta di oasi filosofica e amatoria disegnata a propria immagine e utopia dall'imperatore Adriano, pochi anni dopo quell'imbarazzante predecessore.

Ma il riferimento resta puramente concettuale davanti allo spettacolo di Nekrosius, dotato di un suo spessore fascinoso, ma forse lontano dagli standard sconvolgenti cui ci aveva abituato. La sua prima apparizione in Italia (e nel resto d'Europa) più di vent'anni fa, era legata a Pyrosmani Pyrosmani. Era un'epopea sentimental-rivoluzionaria dedicata all'artista ottocentesco eroe dell'irredentismo georgiano, che esprimeva senza veli né remore l'opposizione ad ogni oppressione e dittatura, messa in scena per altro dall'artista di una repubblica baltica ancora schiacciata da Mosca. Oggi le cose sono molto cambiate, se è vero che Nekrosius lavora spesso e volentieri con artisti e teatri moscoviti (anche in questa occasione col Teatro Stabile delle Nazioni della capitale russa), i muri sono caduti da più di vent'anni, in Lituania si alternano governi di segno diverso, e il regista si è dato all'esplorazione di Shakespeare tanto magistrali quanto universali, e di altre scritture fondamentali (proprio qui a villa Adriana apparve due anni fa il suo magnifico Idiota dostojevskiano).

Col testo di Camus (poco frequentato in Italia ma amato da artisti diversissimi, da Carmelo Bene a Maurizio Scaparro) Nekrosius torna a frequentare il terreno avvelenato della dittatura, ma rimanendo lontanissimo da Pyrosmani come dalle successive Tre sorelle, quasi fisicamente strizzate nella prigionia nevrotica della propria casa. Qui non è certo dissimulato l'ambiente claustrofobico di Caligola e del suo Pretorio, come la sua instabilità che lo porta a nascondersi, dopo la morte della sorella che aveva sposato e in futuro deificherà. Ma sia lui che i suoi cortigiani sembrano piuttosto giocare un gioco di ruolo, tra comportamenti ovvi e qualche invenzione di non altissimo livello: una ciotola offerta come pisciatoio a Cherea da dietro una porta, il muoversi di un lavabo tra le minicostruzioni che lo scenografo Marius Nekrosius (figlio del regista) ha disseminato per lo spazio: un piccolo arco di trionfo (quasi costantiniano), troni, e una cuccia canina troppo piccola per il famoso cavallo nominato al senato. Il tutto per di più realizzato in ondulit, che conferisce povertà e grigiore a quella corte, e più vivida paura al pubblico che si chiede se sia presente l'anima d'amianto di quelle ondulazioni. E, del resto, un tempo i materiali usati dall'artista erano quelli primari dei presocratici, aria acqua terra e fuoco; ora anche il potere è più terragno e banale.

Nekrosius insomma ci mostra il proprio stadio attuale rispetto alla sopraffazione della politica. E quel tiranno tanto crudele e folle quanto dedito alla coerenza logica dei propri comportamenti, arriva a gareggiare nella spregevolezza con l'arrendevole e conformista reazione dei suoi sudditi e cortigiani, che sbuffano e protestano ma finiscono sempre con l'assecondarlo.

È chiaro che il pensiero corre per noi a Berlusconi e al suo amico Putin, che mascherano d'efficienza i propri interessi privati. Ma forse per Nekrosius bisogna dirlo sottovoce, vista l'ufficialità di questa produzione, che nasce dalla richiesta e dal potere del direttore di quel Teatro delle Nazioni, l'attore Evgenj Mironov, vera star di tutte le Russie, non solo a teatro ma soprattutto al cinema e in tv. Forse non riesce a dare il brivido che nel debutto assoluto del testo, a Parigi nel 1945, diede all'Europa liberata da Hitler e Mussolini l'astro nascente di Gerard Philippe. Mironov dimostra una forte presenza scenica (qualcuno anche in Italia lo ricorderà protagonista dell'Orestea russa di Peter Stein), addirittura c'erano in sala delle sue fan arrivate da Mosca, da lontano quasi delle drag queen, poi solo delle bizzarre signore, compresa quella che inalberava una parrucca fulva di 70 centimetri, per la felicità di chi gli stava seduto dietro. L'attore non riesce però a dissipare il ricordo degli interpreti lituani di Nekrosius, vera epifania del suo teatro.