CALIGULA

Il Tempo
07.01.2011
Tiberia de Matteis

Terzo imperatore romano, ricordato da Svetonio con tanti aneddoti sulla sua poderosa stazza fisica e sulla sua crudeltà, Caligola diventa l'emblema dell'onnipotente follia del potere nel dramma di Camus con cui si sono misurat

A offrire la sua personalissima visione è, stasera e domani al Festival di Villa Adriana di Tivoli, il lituano Eimuntas Nekrosius che presenta in prima europea Caligula, sua creativa superfetazione del lavoro che segnò nel 1959, al Teatro delle Arti di Roma, l'esordio di un Carmelo Bene appena ventiduenne.

L'attuale spettacolo, in lingua originale con sottotitoli in italiano e tre ore e trenta di durata, è prodotto dal Teatro delle Nazioni di Mosca e coinvolge come protagonista Yevgeny Mironov, un attore di straordinario talento che sa dar vita a personaggi di grande complessità, affiancato da altri colleghi russi di eccezionale levatura, come Maria Mironova, Igor Gordin e Alexey Devotchenko, con scenografia di Marius Nekrosius, costumi di Nadezda Gultiaeva e musiche di Wagner, Bruckner e Hendel.

Cavallo di battaglia di Franco Branciaroli che l'ha interpretato in televisione, offrendone poi una più recente versione scenica nel 2003, diretta da Claudio Longhi, che forzava l'età del personaggio, immaginandone una dimensione più matura di quella prevista dall'autore, Caligola è per sua originaria definizione "una tragedia dell'intelligenza", una riflessione sull'assurdità della condizione umana con conseguente tentativo di vana ribellione al destino, ma anche l'espressione del contrasto fra la coscienza individuale e gli schematismi politici e intellettuali. Elaborato in differenti varianti dal 1937 al 1958 a partire dal testo latino Le vite dei Cesari dello storico Svetonio, prese vita poco prima dello scoppio della seconda guerra mondiale per il gruppo di teatro amatoriale di Radio Algeri con il ruolo principale riservato allo stesso Camus. La prima dello spettacolo, che si tenne nel dicembre del 1945 al Théâtre Hébertot di Parigi, valse un'enorme notorietà al protagonista, l'allora esordiente Gérard Philipe, e fu uno degli eventi più importanti della vita teatrale della Francia post-bellica. La critica lo definì unanimemente la migliore opera drammatica dello scrittore oltre che una tappa fondamentale della storia del teatro francese. Rappresentato in Italia già nel 1946 da Strehler, in un allestimento che non convinse Camus, per la scelta di un Renzo Ricci troppo romantico, fu negato dall'autore a Laurence Olivier. Seguiranno le edizioni di Sbragia e Giovampietro nel Settanta, di Micol e Scaparro nel 1983, nonché una bizzarra versione con l'imperatore al femminile di Cristina Liberati, dopo le polemiche per la rinuncia in extremis di Carla Gravina.

Ora il medesimo lavoro segna l'incontro con il mito registico dell'Europa di oggi, quel geniale, visionario, onirico, demistificatore e pulsante artista che risponde al nome di Nekrosius, disposto a entrare in contatto con un capolavoro francese dopo le felici incursioni in tanti altri territori letterari come Cecov, Gogol', Puškin, Tolstoj e Dostoevskij. Il suo spettacolo approda nella splendida e quanto mai appropriata cornice romana della Villa Adriana di Tivoli, dove il regista fu già ospite con Idiotas nell'edizione 2009 del medesimo Festival. Le dinamiche psicologiche di un imperatore che spera di trovare un "regno di libertà senza limiti" verranno restituite in quel puro ed emozionante linguaggio scenico che costituisce la cifra comunicativa di Nekrosius. La sua costante emancipazione da ogni tendenza intellettuale del testo in favore della più profonda verità lascia presagire intuizioni, guizzi recitativi, stupori iconografici e spiazzanti allusioni che spiccano il volo sulle ali della fantasia più libera e immaginifica che il teatro contemporaneo abbia concepito, realizzando comunque le parole di Camus: "Lui fa ciò che sogna di fare. Lui trasforma la sua filosofia in cadaveri. Voi dite che è un anarchico. Lui crede di essere un artista".