IL TIRANNO È UN'ANIMA CIECA

Maria Pia Monteduro
07.04.2011
paneacqua.eu

Spettacolo di Nekrosius: ed è subito evento! La prima europea di Caligula di Albert Camus, premio Nobel per la letteratura 1957, nell'emozionante scenario di Villa Adriana di Tivoli non può non mobilitare stampa e pubblico. E così avviene. Due repliche per questo difficile e affascinante testo dell'autore nativo dell'Algeri occupata, considerato uno dei testi portanti del teatro d'oltralpe del Novecento, che andò in scena per la prima volta con un grande Gérard Philipe.

La figura di Caligula è sempre stata molto dibattuta: condannata senza appello dalla storiografia senatoria, Caligula viene consegnato alla storia per i suoi gesti estremi e provocatori. La nomina del suo cavallo a Senatore dell'Impero Romano oggi ha perso in parte la carica corrosiva, sbeffeggiatrice e irrisoria dell'epoca, vivendo in un momento storico in cui la scelta di Caligula non è molto dissimile, in quanto a spregio, dalla nomina di veline o starlette a ruoli appunto istituzionali...

Camus invece presenta il giovane imperatore romano quasi come un eroe romantico, alla ricerca dell'impossibile (la luna su tutto), annoiato, crudele per disperazione, tremendamente solo. La solitudine dei potenti, verrebbe da dire, la solitudine dei tiranni. Camus dice "Il tiranno è un'anima cieca" e anche Caligula sembra non voler vedere che le sue scelte (condannare tutti, uccidere senza motivo e senza pietà) non può non alienarli le simpatie anche dei cortigiani più fedeli (o più vigliacchi) e i boiardi dell'Impero, figure immancabili in ogni dittatura e in ogni palazzo del comando, impauriti, paurosi, tremebondi, non sanno contrastare né la prepotenza e l'arroganza prima del giovane imperatore, né la vis destruendi poi.

Interessante le ultime parole che Camus pone in bocca a Caio Caligula "Alla storia, Caligula, alla storia", a sottolineare come l'imperatore, nel bene e nel male, guardasse oltre il mondo a lui vicino, più in là degli orizzonti del Palazzo. Questo Camus.

Con questo testo si rapporta e si confronta il grande maestro lituano, che per la prima volta affronta un autore francese. La scena è abbastanza povera, ma non minimalista, e ogni oggetto viene utilizzato più volte con diverse funzioni e diverse finalità. Coadiuvato come sempre dalla moglie Nadezda Gultiaeva (costumi, aoristici e volutamente scarni) e dal figlio Marius (scene), Nekrosius confeziona uno spettacolo, in cui uno degli elementi portanti è la musica, anzi forse l'elemento portante. Continua, avvolgente, preponderante, la musica riempie la scena, a volte copre la voce degli attori (no problem, il testo non è comunque comprensibile perché in lingua lituana, ma ottimi sottotitoli in italiano rendono intellegibile il tutto). Musica di Wagner, Bruckner, Haendel, a rimarcare la passione di Nekrosius stesso per l'opera lirica (ha curato, come noto, la regia di molte opere liriche) e, wagnerianamente, il desiderio realizzato di allestire uno spettacolo "totale".

La totalità è data anche dal grande interprete scelto per Caligula: Yevgeny Mironov, autentica icona del cinema e del teatro russo, star internazionale di altissimo livello, che dello spettacolo è anche direttore artistico. Un imperatore autoritario e sognatore, crudele e malinconico quello di Mironov/Nekrosius, attorniato da un cast (come sempre negli spettacoli di Nekrosius) veramente di altissimo livello. Impossibile ricordare tutti, ma un bravo speciale a Yevgeny Tkachuk (Scipion), Maria Mironova (Cezonia), Igor Gordin (Gelikon). La forte fisicità, la padronanza scenica di ogni attore, anche le comparse, sono una costante delle regie del maestro lituano, che sa trasformare, quando per lui è necessario, gli attori quasi in marionette, automi umanizzati.

Eppure, nonostante i meriti e le caratteristiche positive finora esposte, lo spettacolo non persuade totalmente. Sembra, in alcuni momenti, un'esercitazione accademica, di altissimo livello indubbiamente, ma a cui manca, si potrebbe dire romanticamente, l'anima. Convince ma non avvince, piace, ma non entusiasma. O sarà che da Nekrosius ci si aspetta per ogni spettacolo qualcosa di più. Il maestro lituano ci ha viziati, forse, e vorremmo sempre dargli la lode, oltre all'indiscutibile 110!