BURNT BY THE SUN 2. EXODUS

Gabriele Niola
05.2010
mymovies.it

Un vero film-fiume popolare e contemporaneamente alto che non dimentica la scuola russa

Il generale Kotov, scappato miracolosamente al campo di prigionia cui era condannato e creduto morto dall'amministrazione statale, si arruola come volontario sotto mentite spoglie in un battaglione. Egli crede che la moglie e la figlia siano morte in un campo di prigionia. Nadia invece sa che il padre è vivo e lavorando come infermiera non fa che cercarlo. Ai vertici del governo però arriva voce che il generale non sia morto come si pensava, così Stalin dà ordine ad un fidato collaboratore di cercare e trovare l'evaso.

Nel 1994 Burnt by the Sun riscosse successo e premi, ma ora Exodus (che è solo la prima parte del sequel), lungi dall'essere un film che cerca di ritrovare gli elementi vincenti del primo, nasce con altri scopi. L'idea di fondo di quello che ad oggi è il film più costoso della storia del cinema russo, è di rendere giustizia alla guerra combattuta sul fronte orientale utile a vincere la Seconda Guerra Mondiale. Il regista sostiene di averci cominciato a pensare dopo aver visto Salvate il soldato Ryan, il risultato però è lontano dai modelli americani moderni.

Organizzato secondo una struttura che somiglia alle grandi produzioni statunitensi degli anni '40 e '50 di David O'Selznick, che vede un padre e una figlia cercare di ricongiungersi disperatamente tra mille difficoltà durante il grande conflitto, il film sottopone i suoi personaggi a una serie di prove estreme che non fanno che aumentare la forza del sentimento primario (la tensione verso il ricongiungimento), costituendo un accumulo in vista del grande finale (possibilmente positivo), un modo di passare in rassegna diverse situazioni per analizzare il contesto storico della Russia dell'epoca e alla fine un ottimo espediente di ritmo e azione. E se ad una prima occhiata anche lo stile di regia potrebbe sembrare americaneggiante, in realtà a un'analisi più approfondita il modo con cui Mikhalkov mette in relazione esseri umani e natura somiglia decisamente di più alle opere che i maestri russi della sua epoca hanno fatto e concepito, piuttosto che il più piatto modello hollywoodiano.

In attesa di vedere la seconda parte, Exodus è senz'altro una delle punte più alte di fusione di cinema commerciale e autoriale per Mikhalkov. Il modo in cui gestisce il melodrammatico non è mai volgare e scontato ma anzi autenticamente poetico e popolare mentre alcune sequenze (specie quelle oniriche su Stalin) riescono a generare immagini di grande violenza artistica, anche su un argomento (la dittatura stalinista) più volte rappresentato con onore.

Exodus è in sostanza un film-fiume: lungo, largo e grosso come pochi, alimentato da un sentimentalismo estremo che non si rivela mai pesante perchè cesellato con la cura che si riserva ai kolossal. Dentro il film si scorge di tutto ed è interessante vedere come il regista non esisti a sottolineare la forte istanza di religiosità che nella Russia di Stalin scorreva tra la gente come un fiume sotterraneo, mentre con l'altra mano lascia che i personaggi siano palesemente agiti e aiutati dalla Provvidenza. Certo è indispensabile prendere il tutto con le pinze. È impossibile, visto il costo, l'argomento e le amicizie politiche del regista coinvolto, non scorgere anche della propaganda filogovernativa nel modo in cui certi argomenti sono trattati.